Daniele, sabato 22 novembre ’25 hai tenuto a Milano il seminario breve strategico “Il Gioco Interiore nel Public Speaking”, all’interno del percorso sperimentale dedicato ai manager al Borgo Teatrale, scuola di recitazione e comunicazione. Qual è stata l’essenza di questo intervento?
Il seminario nasce dall’idea che il Public Speaking non sia solo tecnica, postura o gestione della voce. C’è un livello più profondo – invisibile ma potentissimo – che determina realmente la qualità della performance: il gioco interiore.
In aula ho voluto mostrare ai manager come le due menti, la mente conscia (il pensiero lento) e la mente inconscia (il pensiero veloce), influenzino ogni gesto, ogni parola e ogni emozione sul palco. Il Public Speaking non è un esercizio meccanico: è un dialogo costante tra quello che pensiamo e quello che sentiamo. Il mio obiettivo era far vivere ai partecipanti questa consapevolezza in modo esperienziale, concreto, applicabile da subito.
Com’è stato coinvolgere i manager presenti? Che atmosfera si è creata nel gruppo?
È stata un’esperienza straordinaria. I manager hanno portato con sé il desiderio di migliorarsi, ma anche la curiosità verso un approccio innovativo che raramente è presente nei percorsi tradizionali di Public Speaking.
Non ho parlato ai partecipanti: ho parlato con loro. Li ho coinvolti con esercizi semplici ma molto potenti, capaci di mettere immediatamente in relazione la loro mente conscia con quella inconscia. Hanno sperimentato cosa significhi “sentirsi centrati”, come cambia la qualità della voce quando l’inconscio è allineato, e quanto pesa il giudizio – soprattutto quello interno – nella costruzione della performance.
L’energia in aula era straordinaria: attenzione, partecipazione, tanta autenticità.
Il tuo intervento è stato inserito strategicamente nel percorso sperimentale del Borgo Teatrale – Area Comunicazione. In che modo si integra con la formazione tradizionale del Public Speaking?
Il lavoro tecnico resta fondamentale: respirazione, gestione dello spazio scenico, utilizzo della voce, costruzione del discorso. Ma è incompleto senza la parte interiore.
Il mio contributo aggiunge ciò che spesso manca: la comprensione delle funzioni dell’inconscio, la gestione della paura di essere giudicati, la trasformazione dell’emozione in energia positiva, l’allineamento tra pensiero lento e veloce, la capacità di entrare in uno stato performativo stabile.
Non si tratta di motivazione superficiale. È un lavoro di coaching profondo, preciso, scientifico, che permette a chi parla in pubblico di sentirsi finalmente “al comando” della propria performance.
Durante il seminario hai presentato anche il tuo nuovo ebook: “Il gioco interiore nel Public Speaking. La forza interiore dell’inconscio nelle performance”. Di cosa parla e perché è diventato materiale ufficiale del corso?
L’ebook è la naturale estensione del seminario. Racchiude i principi fondamentali del mio metodo: il rapporto tra mente conscia e inconscia, le quattro funzioni dell’inconscio applicate al parlare in pubblico, come si genera uno stato emotivo ottimale, come trasformare paura, tensione e autocritica in focus e presenza, il modello mentale della performance senza sforzo, esercizi pratici per allenare la mente anche fuori dall’aula. È diventato materiale ufficiale del corso perché colma un vuoto formativo: nel Public Speaking tutti insegnano cosa fare, ma quasi nessuno insegna cosa succede dentro mentre lo fai. Questo ebook fornisce ai manager una guida chiara per replicare ciò che abbiamo sperimentato in aula e trasformarlo in abitudine.
Qual è il messaggio chiave che vuoi lasciare ai manager che intraprendono questo percorso?
Il messaggio è semplice, ma rivoluzionario:
La tua performance inizia prima che tu apra bocca. Inizia dentro di te. E quando il tuo inconscio diventa un alleato, parlare in pubblico non è più un ostacolo: diventa un piacere.
Chi domina il proprio gioco interiore non ha bisogno di fare sforzi per risultare convincente: è la sua presenza a parlare.
Cosa ti auguri che rimanga ai partecipanti dopo il tuo seminario?
Mi auguro che ricorderanno quella sensazione di libertà che hanno provato in aula. La sensazione di potersi esprimere senza sentirsi giudicati dal proprio critico interiore. Se porteranno con sé anche solo una piccola parte di questa consapevolezza, il loro modo di comunicare – in azienda, sul palco, ovunque – migliorerà profondamente.
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